BENVENUTI!

BLOG DEDICATO AI CULTORI DI STORIA DELLA MEDICINA



Traduttore

STORIA DELLA MEDICINA

martedì 11 maggio 2010

La medicina ebraica nell'Antico Testamento

L’antica medicina ebraica risente dell’influenza della cultura assiro babilonese, dove la malattia rappresenta il castigo divino come conseguenza del peccato.
Nella cultura e nella medicina ebraica è molto importante il concetto di purezza e impurità: pulizia si correla con la buona salute, mentre sporcizia con la malattia.
La medicina ebraica è una medicina di tipo religioso in cui Dio è l’unica fonte di risanamento. Il sacerdote-medico è lo strumento scelto da Dio per il processo di guarigione.
Numerose sono le prescrizioni igieniche con carattere religioso: Il lavaggio mani, il cambio d’abito, le restrizioni dietetiche, la circoncisione.
Il lebbroso, considerato impuro anche dal punto di vista morale e spirituale, veniva allontanato dalla società e le sue vesti venivano bruciate.
Si conosceva l’impiego di vari medicamenti, tra cui il salice (Salix alba) ed era nota la trasmissione per via sessuale di alcune malattie.
Interessanti anche gli aspetti dietetici come la proibizione di consumare il sangue, il grasso e la carne di determinati animali (Levitico 7, 23-26 “Non mangerete alcun grasso né di bue, né di pecora né di capra…Non mangerete affatto sangue, nè di uccelli né di animali domestici…Chiunque mangerà sangue di qualunque specie, sarà eliminato dal suo popolo”), di pesci senza pinne o squame (i molluschi erano riconosciuti come potenziali apportatori di infezioni alimentari).
Inoltre vi erano leggi miranti alla protezione dei pozzi da varie forme di inquinamento tra cui i rifiuti umani.
Diffusa era la pratica del salasso. La circoncisione, inizialmente una misura igienica, divenne in seguito segno dell’alleanza tra il Signore e Abramo (Gen 17, 10-14) .
Significativo il passo tratto da Esodo 15, 26: “Se ascolterai la voce del Signore….non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce”.
E’ importante ricordare che Mosè aveva stabilito regole ferree (dieta, misure igieniche, purificazione, quarantena) per proteggere il popolo durante l’esodo.
Un aspetto molto curioso è rappresentato dalla parola medico che in ebraico è rofè. Tale vocabolo deriva dal verbo raphà che significa guarire; anche il nome dell’Angelo guaritore Raffael ha la stessa origine e significa “Dio risana”.



venerdì 7 maggio 2010

Ricostruzione dei volti dei guerrieri micenei

Molto frequenti sono i rilievi paleopatologici di rachitismo, malaria, fratture e malnutrizione nelle tombe di vari siti archeologici dell'antica Grecia.
Reperti differenti, sono stati trovati nelle tombe del circolo B all’esterno della rocca di Micene: si tratta di resti appartenenti a membri di famiglie di stirpe reale.
Vi è assenza di lesioni ossee secondarie a usura o a insufficiente alimentazione, presenza di denti sani e robusti.
In uno dei defunti vi è riscontro di calcoli biliari. In un soggetto vi sono tracce di ferite da arma da taglio alla testa (combattimento) e artrosi alla spalla sinistra (consuetudine per i nobili di sorreggere con il braccio sinistro un pesante scudo.
All'interno del museo di Micene, sono visibili le ricostruzioni dei volti degli eroi micenei: ecco alcune immagini.








































































Le tre Moire e la vita dell’uomo

Ma chi stabiliva la durata della vita dell’uomo? Questo compito spettava alle tre Moire, dette anche Parche o Kere. Cloto, la filatrice, avvolgeva con il fuso il filo della vita. Lachesi, colei che misurava la lunghezza del filo, stabiliva la durata della vita. Atropo (dal verbo α-τρεπω, colei che non si può evitare) era la più piccola ma la più terribile: era colei che recideva il filo della vita. Lo stesso Zeus, che poteva influenzare l’operato delle prime due, non poteva interferire con l’attività di Atropo.

mercoledì 5 maggio 2010

Il primo ematologo dell'antichità: Melampo.


Anche il primo ematologo della storia era greco.
Si chiamava Melampo (significa “dai piedi neri”, poiché camminava senza calzari).
Era un pastore, medico, e veggente di Argo. Visse intorno al 1400 a.C.
Curò Ificle, che lamentava astenia e non poteva avere figli.
Gli somministrò disciolta in acqua la ruggine raschiata da un coltello: la terapia durò per 10 giorni e il malato guarì. Si tratta probabilmente del primo esempio di cura di un’anemia da carenza di ferro.
Ma oltre ad essere un buon ematologo, Melampo conosceva anche le proprietà medicamentose delle erbe e il passaggio dei pricipi farmacologici nel latte. Guarì dalla follia le figlie di Preto re di Argo, somministrando loro latte di capra nutrita con elleboro nero.





 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

lunedì 3 maggio 2010

La ferita di Filottete

Filottete, famoso arcere della Tessaglia ed amico di Eracle, prese parte alla spedizione achea contro Troia. Morso da un serpente, riporta una ferita al piede che diventa una piaga cronica, dolorosa e maleodorante (Iliade II, 716-725).
Viene abbandonato dai compagni sull’isola di Lemnos ma senza le sue frecce, Troia non viene espugnata. Viene quindi condotto nell’accampamento acheo e guarito da Macaone.
Sofocle, nel Filottete, esegue una descrizione accurata della malattia: parla di ulcera del piede (vv 7, 291, 690, 697, 824), dolorosa (vv 9, 11), maleodorante (vv 520, 876, 890, 891, 1032), gemente materiale ematico (vv 695, 782-784).
Tra le ipotesi diagnostiche: il morso di serpente, probabilmente non velenoso, ha causato una ferita che si è infettata.
Nell’opera del Baldacci, si può osservare l’eroe sofferente e lo spasmo doloroso che attanaglia il piede sinistro.

Riferimento:
Vincenzo Baldacci (Cesena 1802-13 ), Filottete



sabato 1 maggio 2010

Altri due casi di gozzo

Altri due casi di gozzo, ovvero di tumefazione alla base dal collo secondaria a patologia tiroidea sono rappresentati nell’opera di Artemisia Gentileschi intitolata “Giuditta e Oloferne” e nella “Resurrezione di Cristo” di Piero della Francesca.
Nella prima opera si può osservare la tumefazione del collo di Giuditta che ha appena decapitato Oloferne. Nell’opera di Piero, invece, si può osservare tra i soldati caduti addormentati l’autore che si è auto ritratto, il secondo da sinistra. Piero appare con la testa iperestesa: è evidente un nodo tiroideo.

Riferimenti:
Artemisia Gentileschi (1593-1653), Giuditta e Oloferne
Piero della Francesca, Resurrezione di Cristo