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STORIA DELLA MEDICINA

Breve storia della vitamina D (a cura di Marco Rossi)

La prima descrizione del rachitismo viene fatta dal medico Sorano di Efeso (I sec. d.C.) nella città di Roma. Lo stesso Galeno, medico greco che operò a Roma nello stesso periodo ci descrive come “…le donne (ed i loro figli) restavano in casa senza affaticarsi in strenui lavori né esponendosi alla luce diretta del sole…”. Nella Roma imperiale, infatti, vi era una forte urbanizzazione con scarsità di luce solare nei nuclei abitativi. Inoltre i neonati venivano completamente fasciati e raramente venivano esposti al sole. L’alimentazione poteva anche essere varia, ma sicuramente nelle fasce più povere della popolazione, che erano anche le più numerose, le forme carenziali erano molto diffuse.
Successivamente si assiste ad un vuoto descrittivo di molti secoli.
Fu solo nel 1645 che Daniel Whistler, studente di medicina inglese, fece una prima descrizione dettagliata del rachitismo (rickets o “paedosteocaces”) e a seguire nel 1650 Francis Glisson a Cambridge pubblicò un trattato in latino dal titolo “De rachitide”. Agli inizi del 1900 Mellanby e Huldschinsky (1919) osservarono che bambini in aree urbane situate in zone temperate sviluppavano rachitismo. Correlarono il rachitismo con la mancanza d’aria pura e di luce solare, ed ipotizzarono la carenza di un qualche fattore dietetico. Osservarono inoltre che l’aggiunta di olio di fegato di merluzzo nella dieta o l’esposizione solare, prevenivano o guarivano la malattia.
Nel 1924 Hess e Weinstock; Steenbock e Black osservarono che l’irradiazione UV del cibo per animali o dell’animale stesso, preveniva il rachitismo: vennero finalmente individuati l’ergo- e il colecalciferolo. Si è dovuto attendere sino agli anni 70 con Kodicek (1974) e De Luca e Schnoes (1976) per comprendere i meccanismi di attivazione metabolica della vitamina D.

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