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STORIA DELLA MEDICINA

Malati e malattie nell’Antico Testamento: quando la Bibbia aiuta il medico ed il malato (a cura di Marco Rossi)

Introduzione
La Bibbia (dal greco antico, biblia=libri), è la Parola di Dio. Trattasi di un insieme di testi che costituiscono l’Antico e il Nuovo testamento.
Le modalità e la profondità di lettura della Bibbia, sono molteplici: da una semplice interpretazione letterale dei fatti ad un contatto spirituale con la Parola di Dio.
Tali tappe sono date dalla LECTIO (la lettura di un passo per cogliere gli elementi principali), dalla MEDITATIO (il tentativo di comprendere la Parola), dall’ORATIO (quando la lettura porta ad un colloquio interiore con Dio), dalla CONTEMPLATIO (mantenere il cuore rivolto alla presenza di Dio).

La lettura dell’Antico Testamento rappresenta una fonte inesauribile di informazioni e di insegnamenti non solo religiosi ma anche dal punto di vista storico, etnologico, medico.
Ridurre la lettura delle Sacre Scritture ad una mera elencazione di descrizioni di patologie varie, sarebbe riduttivo ed arido.
Il nostro approccio con la Bibbia trae spunto da riflessioni sulla vita quotidiana e sulla pratica ospedaliera di tutti i giorni: il contatto con il malato e con chi soffre insieme a lui.
La nostra lettura parte dalla convinzione che l’Antico ed il Nuovo Testamento rappresentino uno strumento straordinario, una chiave interpretativa, in senso spirituale, della nostra vita quotidiana.
Il medico, l’infermiere, l’operatore sanitario, chi compie volontariato in ospedale, il sacerdote, un amico o un famigliare, e soprattutto il malato, possono trarre spunti di conforto, di riflessione, di preghiera, di speranza.

Salute e malattia nell’Antico Testamento
Nell’Antico Testamento si possono identificare tre tappe fondamentali della vita dell’uomo: la malattia, la guarigione e la salute.
Gli ambiti in cui queste tematiche sono inserite sono quelli della Creazione, dell’Alleanza, della Legge e della Terra promessa.
Con la cacciata dall’Eden, inizia per l’uomo una vita di sofferenza e fatica. Ma il cammino per l’uomo prosegue nel corso delle generazioni, seppur con innumerevoli difficoltà.
Il popolo di Israele deve compiere un cammino lungo ed insidioso per poter raggiungere la terra promessa.
Per il popolo di Israele la salute coincide con la benedizione di Dio per chi osserva la sua legge. La malattia è correlata al peccato, alla violazione del patto, dell’alleanza con Dio.
Emblematici sono i seguenti passi: “Sono io che do la morte e faccio vivere; io percuoto e io guarisco e nessuno può liberare dalla mia mano” (Dt 32,39), e “Il Signore fa morire e fa vivere, scendere agli inferi e risalire” (1Sam 2,6).

L’antica medicina ebraica
L’antica medicina ebraica risente dell’influenza della cultura assiro babilonese, dove la malattia rappresenta il castigo divino come conseguenza del peccato.
Nella cultura e nella medicina ebraica è molto importante il concetto di purezza e impurità: pulizia si correla con la buona salute, mentre sporcizia con la malattia.
La medicina ebraica è una medicina di tipo religioso in cui Dio è l’unica fonte di risanamento. Il sacerdote-medico è lo strumento scelto da Dio per il processo di guarigione.
Numerose sono le prescrizioni igieniche con carattere religioso: Il lavaggio mani, il cambio d’abito, le restrizioni dietetiche, la circoncisione.
Il lebbroso, considerato impuro anche dal punto di vista morale e spirituale, veniva allontanato dalla società e le sue vesti venivano bruciate.
Si conosceva l’impiego di vari medicamenti, tra cui il salice (Salix alba) ed era nota la trasmissione per via sessuale di alcune malattie.
Interessanti anche gli aspetti dietetici come la proibizione di consumare il sangue, il grasso e la carne di determinati animali (Levitico 7, 23-26 “Non mangerete alcun grasso né di bue, né di pecora né di capra…Non mangerete affatto sangue, nè di uccelli né di animali domestici…Chiunque mangerà sangue di qualunque specie, sarà eliminato dal suo popolo”), di pesci senza pinne o squame (i molluschi erano riconosciuti come potenziali apportatori di infezioni alimentari).
Inoltre vi erano leggi miranti alla protezione dei pozzi da varie forme di inquinamento tra cui i rifiuti umani.
Diffusa era la pratica del salasso. La circoncisione, inizialmente una misura igienica, divenne in seguito segno dell’alleanza tra il Signore e Abramo (Gen 17, 10-14) .
Significativo il passo tratto da Esodo 15, 26: “Se ascolterai la voce del Signore….non ti infliggerò nessuna delle infermità che ho inflitto agli Egiziani, perché io sono il Signore, colui che ti guarisce”.
E’ importante ricordare che Mosè aveva stabilito regole ferree (dieta, misure igieniche, purificazione, quarantena) per proteggere il popolo durante l’esodo.
Un aspetto molto curioso è rappresentato dalla parola medico che in ebraico è rofè. Tale vocabolo deriva dal verbo raphà che significa guarire; anche il nome dell’Angelo guaritore Raffael ha la stessa origine e significa “Dio risana”.

Giobbe: un malato straordinario ed un uomo di fede
La storia di Giobbe è di straordinaria attualità e drammaticità.
Giobbe è un uomo saggio, con una vita felice e prospera; ma in un certo momento della sua vita, si ammala inspiegabilmente. Viene colpito da un’affezione della cute che mina profondamente non solo il corpo ma anche il suo spirito.
Inquietante è l’interrogativo di Giobbe: perché è successo proprio a me? che cosa ho fatto di male?
Giobbe, in un certo senso, si fa portavoce dei sofferenti che non riescono a comprendere il “perché” umano e religioso della loro condizione.
Ma ancor più drammatica è la condizione di Giobbe quando riceve la visita di coloro che credeva amici. I tre amici venuti a consolare Giobbe non osano rivolgergli la parola perché lo vedono sofferente, dopo la sua protesta contro la sofferenza umana essi prendono le distanze, sulla base del principio tradizionale della retribuzione: se Giobbe soffre i mali presenti è a causa dei suoi peccati passati.
Visto l’atteggiamento di distacco e quasi ostile di chi gli rende visita, Giobbe definisce gli amici “consolatori molesti” (Gb 16, 2).
La protesta di Giobbe non finisce: si interroga sul perché gli innocenti e i giusti soffrano e muoiano come gli empi e gli ingiusti.
Allora Giobbe si appella direttamente a Dio per chiedergli ragione della sua condizione e finalmente, dopo un lungo percorso di sofferenza fisica e spirituale, giunge la guarigione.
Dalla storia di Giobbe dobbiamo trarre un insegnamento importante: non è sufficiente fare visita, ma bisogna anche incontrare chi soffre e condividere la sua sofferenza e le sue angoscie (compatire nel senso di cum-patire vale a dire soffrire, sopportare insieme).

Salute e malattia nei sapienti: Siracide
Anche Siracide affronta la questione della salute e della malattia.
Si tratta di considerazioni semplici ma molto efficaci. “Meglio un povero di aspetto sano e forte che un ricco malato nel suo corpo. Salute e vigore valgono più di tutto l’oro….Non c’è ricchezza superiore alla salute del corpo…Meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno che una malattia cronica” (Sir 30,14-17).
Il segreto della salute è la “gioia del cuore”, mentre “la gelosia e l’ira accorciano i giorni, le preoccupazioni anticipa la vecchiaia” (Sir 30, 22-24).
Inoltre Siracide ci fornisce una serie di consigli pratici sul come assicurare o conservare la salute: l’uso moderato del cibo e del vino, un sonno tranquillo e ristoratore, uno stile di vita morigerato e saggio (Sir 31,1-31).
In Siracide prevale il buon senso popolare e la fede, ma vi sono scarse risorse di fronte alla crisi di una malattia cronica, senza possibilità di guarigione. A tal riguardo dice: “è meglio la morte che una vita amara, il riposo eterno che una malattia cronica” (Sir 30,17), “…per i peccatori sette volte tanto: morte, sangue, contese, spada, disgrazie, fame, calamità e flagelli. Questi mali sono stati creati per gli empi, per loro causa venne anche il diluvio” (Sir 40,8-10).
Siracide apre anche una riflessione sulla morte: “O morte, come è amaro il tuo ricordo per l’uomo che vive sereno nella sua agiatezza… O morte, è gradita la tua sentenza all’uomo indigente e privo di forze, al vecchio decrepito e preoccupato di tutto…” (Sir 41, 1-2).
Tuttavia non vi è nessuna prospettiva escatologica poichè con la morte tutto finisce: “…negli Inferi non ci sono recriminazioni sulla vita”. L’unico futuro garantito al giusto e saggio è un “buon nome” che dura per sempre (Sir 41, 4-13).
Alcuni passi sono dedicati al rapporto con il medico e soprattutto ci rammentano come sia fondamentale l’intervento divino nel processo di guarigione.
“Onora il medico per le sue prestazioni, perché il Signore ha creato anche lui. Dall’Altissimo infatti viene la guarigione…” (Sir 38, 1-3).
“Figlio, non trascurarti nella malattia, ma prega il Signore ed egli ti guarirà” (Sir 38, 9).
“Ci sono casi in cui il successo è nelle loro (riferito ai medici) mani; anch’essi infatti pregano il Signore perché conceda loro di dare sollievo e guarigione per salvare la vita” (Sir 38, 13-14).
Ma soprattutto è bello citare un ammonimento di estrema attualità e che non dobbiamo mai scordare: “Non esitare a visitare un malato, perché per questo sarai amato” (Siracide 7, 35).

I Salmi e la preghiera di Ezechia
Nel Salterio vi sono alcuni salmi pronunciati da uomini malati.
Citiamo, pur non volendo apparire riduttivi, quelli che ci hanno maggiormente colpito: salmo n. 6 Implorazione nella prova, n. 38 Preghiera nell’angoscia, n. 41 Preghiera del malato abbondonato (“Chi viene a visitarmi dice il falso, il suo cuore cova cattiveria e, uscito fuori, sparla” Salmo 41, 7-9), n. 88 Preghiere dal profondo dell’angoscia, n. 102 Preghiera nella sventura, n. 143 Umile supplica.
La malattia indica la condizione dell’uomo oppresso sotto il peso dei suoi peccati e la guarigione coincide con il perdono dei peccati.
Non sempre, però è facile distinguere l’ambito fisico da quello etico-religioso.
Vale la pena, infine, di citare la malattia e la sofferenza del re Ezechia desritte nel libro del Profeta Isaia.
Il malato attraversa nel corso della sua malattia tre fasi fondamentali: all’inizio vi è la crisi di chi si trova malato, smarrito e senza prospettiva futura. Successivamente subentra la fase di speranza e supplica: “Signore, in te spera il mio cuore… Guariscimi e rendimi la vita” (Is 38,10,16). Finalmente giunge l’ inattesa guarigione: “Ecco, la mia infermità si è cambiata in salute!” (Is 38,17a).
Appare ben chiara la relazione tra 1) il riconoscimento-confessione dei peccati, 2) il perdono da parte di Dio e 3) la guarigione (si vedano i Salmi 31, 10-11; 32, 3-5; 38, 4-8; 41, 5).
E soprattutto, il giusto rapporto con Dio è la condizione per godere prosperità e salute (Sal 4, 7-9; 34, 13-21; 92, 13-15; 128, 1-3).

Evoluzione del concetto di salute-malattia: una sintesi
Nel Pentateuco la malattia è percepita come conseguenza della trasgressione della legge di Dio; si tratta di una sorta di punizione.
Nei testi profetici e nei Salmi, si assiste ad una evoluzione: con il riconoscimento dei peccati si raggiunge il perdono e quindi si può ottenere la guarigione.
Nei testi dei Sapienti prevale, invece, la riflessione sulla condizione umana fatta spesso di stenti e sofferenze.
Ma la malattia, allora, è la metafora della condizione di peccato? E’ la conseguenza del castigo di Dio?
Pensiamo si debba evitare una lettura eccessivamente allegorica o fondamentalistica dei testi.
Non dobbiamo attribuire direttamente a Dio le malattie o le disgrazie, come punizione per i peccati degli esseri umani, non dobbiamo vedere nella salute e nella prosperità un segno sicuro dell’approvazione divina.
E’ necessario posare il nostro sguardo in avanti nei Vangeli poiché tutto il Nuovo testamento è pervaso da una prospettiva escatologica caratterizzata dal trinomio malattia, fede, salvezza.

Salute e malattia nel NT
Nei Vangeli sono narrati numerosi miracoli e diversi episodi di guarigione.
L’immagine tradizionale di Gesù nei Vangeli è quella del “terapeuta”.
Il vangelo di Marco riassume l’attività di Gesù a Cafarnao in questo modo: “Venuta la sera, dopo il tramonto del sole, gli portavano tutti i malati e gli indemoniati. Tutta la città era riunita davanti alla porta. Guarì molti che erano afflitti da varie malattie e scacciò molti demoni…” (Mc 1,32-34; Mc 3,7-12; 6,54-56).
Esiste uno stretto rapporto intrinseco tra guarigione-fede-salvezza.
Nei gesti taumaturgici compiuti da Gesù in primo piano appare sempre il rapporto di fede.
A chi si apre a Dio, Gesù annuncia attraverso la salute reintegrata il dono della salvezza (cfr. Mc 5,34).
Straordinaria è la descrizione di Marco 1, 40-45, quando Gesù incontra un lebbroso e lo guarisce: “…stese la mano, lo toccò e gli disse: lo voglio, guarisci!”.
Gesù ascolta, parla, tocca fisicamente il malto e lo guarisce.
Gesù guarisce assumendosi le sofferenze altrui.
La notizia delle sue guarigioni prodigiose si diffonde a tal punto che Gesù “…non poteva più entrarepubblicamente in una città, ma se ne stava fuori, in luoghi deserti…”. In sostanza Gesù si carica delle sofferenze altrui e come il lebbroso è costretto a stare lontano dalle città e rifugiarsi in luoghi deserti.
Infine un invito a non dimenticare quanto è scritto in Matteo 25, 36 “Ero malato e mi avete visitato”.
In ebraico Yashac significa salvare e yeshua salvezza, incolumità; ricordiamo che il nome di Gesù era Jeshua (> lat. Jesus), il Salvatore.

Conclusioni e considerazioni
Molteplici sono le chiavi di lettura dei testi sacri. La Bibbia, che è la parola di Dio, può fornire numerosi ed importanti spunti di riflessione per il medico ed il paziente.
La Medicina ha fatto numerosi progressi ma spesso viene vista come una scienza infallibile. Inoltre nella nostra società vi è una ostinata non accettazione della malattia, della limitazione funzionale, della morte.
Si ricorre spesso all’accanimento terapeutico e l’uomo dimentica che la malattia e la morte sono parte importante della nostra esistenza.
L’insegnamento dei Salmi e di Giobbe è molto importante: anche il giusto si scontra con la dura realtà della malattia e della morte. L’uomo è chiamato a vivere l’esistenza in salute e benessere come un dono e non come un diritto.
Importante è infine ricordare il nostro rapporto con chi soffre: spesso l’indifferenza è più dolorosa della malattia stessa.
Più che guarire è importante curare, nel senso di prendersi cura di chi soffre.
E noi medici, troppo spesso fiduciosi nel progresso della scienza, dobbiamo ricordare l’ammonimento di Siracide:
“Chi pecca contro il proprio Creatore
cada nelle mani del medico…”(Sir 38, 15-16).


Nota: i passi citati nel testo sono tratti dalla Bibbia di Gerusalemme, ultima edizione.








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